Quando richiedere il risarcimento per caduta in strada e quando (purtroppo) non ha senso.
Il tema del risarcimento danni per caduta accidentale su suolo pubblico, su strada o su marciapiede che sia, viene periodicamente arricchito e “specializzato” dalle nuove sentenze della Cassazione che, pur senza cambiare le precedenti interpretazioni su cui ormai si può dire raggiunta una certa uniformità di vedute, aggiungono tuttavia importanti dettagli.
Cercheremo ora di distinguere le casistiche più classiche per aiutare ad “immedesimarsi” e a comprendere meglio come comportarsi e quando ha senso (anche economicamente) esercitare il diritto al risarcimento:
Quando spetta il risarcimento e come essere sicuri di ottenerlo?
E’ successo a tutti di cadere per strada e le cause sono le più disparate, dalla lastra di ghiaccio non segnalata al tombino aperto, dalla mattonella sconnessa alla buca sul marciapiedi per non dimenticare il classico gradino rotto o la classica chiazza d’olio.
Il nostro primo pensiero in ognuno di questi casi è quello di sentirci dalla parte della ragione e convincerci di presentare domanda (o farla presentare a nostro nome e per nostro conto da un patrocinatore o da un legale) di risarcimento al Comune in quanto soggetto tenuto alla manutenzione del suolo pubblico.
Il grosso punto di svolta è ora perché non è scontato che la richiesta venga accolta (anzi!): il più delle volte infatti le ragioni della caduta a terra non riescono ad essere dimostrate ed in assenza di prove, si rimane senza risarcimento.
Quindi, partendo dal presupposto che il Comune ha una responsabilità oggettiva per tutti i danni causati a chi cade sul suolo pubblico, è fondamentale, al fine di ottenere un risarcimento, attenersi a due principi:
- al danneggiato spetta dimostrare non solo l’insidia stradale (basterà una foto della buca o una testimonianza diretta) e le lesioni subite (per le quali fa fede il certificato medico del pronto soccorso) ma anche le ragioni della caduta che devono essere assolutamente involontarie;
- è necessario dar prova che la caduta è stata determinata solo e unicamente dalla strada e per fare questo è praticamente necessario avere una testimonianza oculare.
Quando non spetta il risarcimento e come si “libera” il Comune?
Il Comune può esonerarsi dalla responsabilità solo se dimostra che l’infortunio è stato dovuto al cosiddetto “caso fortuito” e due sono le possibilità:
- la prima è quando l’insidia stradale si è formata da poco tempo e l’amministrazione non ha avuto materialmente il tempo per delimitare l’area o metterla in sicurezza (l’esempio classico è la chiazza d’olio da poco lasciata da un mezzo e segnalata). E’ chiaro che tanto più è esteso il territorio comunale tanto maggiore deve essere il tempo per consentire all’ente pubblico di attivarsi dietro segnalazione.
- La seconda ipotesi di “caso fortuito” si ha quando la caduta è stata determinata dal comportamento imprudente del pedone poiché il Comune non è tenuto a cautelarsi dalla disattenzione della cittadinanza.
Però spetta all’amministrazione dimostrare il comportamento imprudente e lo farà ad esempio dimostrando che la buca è ampia, tanto che una persona mediamente accorta non poteva non accorgersi della sua presenza.
Oppure quando si tratta di un’insidia su una via percorsa spesso dall’infortunato e quindi a lui conosciuta. Incide poi anche sulla possibile richiesta di risarcimento il grado di illuminazione della strada: una cosa è cadere di notte in una via senza lampioni, un’altra è invece se ciò avviene di giorno con la piena visibilità del suolo.
Esempi di pratiche dove il Comune si è esonerato dalla responsabilità al risarcimento
Dopo aver distinto le due casistiche andiamo ad approfondire citando alcune ordinanze della Cassazione che hanno negato il diritto al risarcimento e andiamo a spiegare il perché:
- Una donna era caduta in un tombino con avvallamento della strada e secondo i giudici, l’infortunata avrebbe dovuto prestare maggiore attenzione e prudenza in quanto il marciapiede era in condizioni precarie se non addirittura dissestate. Nel caso di specie, scrivono i giudici, «la strada da lei percorsa presentava un avvallamento di minimo spessore» e quindi «non esisteva alcuna insidia che non fosse evitabile applicando l’ordinaria diligenza»: la prudenza richiesta è quella di una persona “media”, che non può comunque stare con la “testa tra le nuvole”. In sostanza, è emersa in modo evidente «la mancanza di un nesso tra la presenza del tombino (e dell’avvallamento) e la caduta» subita dalla donna, ciò alla luce di una semplice constatazione: «la situazione dei luoghi e l’orario diurno» sono la prova del fatto che «l’uso dell’ordinaria diligenza» avrebbe consentito dalla donna di evitare il capitombolo.
- La Cassazione ha respinto anche la richiesta di risarcimento avanzata da un anziano caduto all’interno di un parco condominiale. L’uomo, già in condizioni fisiche precarie, non doveva avventurarsi su un sentiero potenzialmente sconnesso e la colpa è quindi dell’infortunato per non aver gestito il rischio. Il comportamento imprudente del danneggiato deve essere considerato un fattore eccezionale, tale da escludere ogni responsabilità in capo al titolare del suolo (sia questo un soggetto privato, come un condominio, che pubblico, come il Comune).
Aggiungiamo infine solo che la presenza dei cartelli stradali che avvisano gli utenti del pericolo di buche è anche uno dei modi che ha il Comune per alzare la soglia di attenzione del pubblico, ma specialmente di liberarsi da responsabilità per eventuali cadute o danni.
Ricordiamo sempre che a noi danneggiati non spetta solo l’onere della prova, ma i costi di causa e il tempo da attendere…per un risultato quanto mai incerto…purtroppo…